domingo, 30 de março de 2008

Humor y cerebro de mujer

Humor y cerebro de mujer

Natalia López Moratalla
Catedrática de Bioquímica
Universidad de Navarra
9 de marzo de 2008 Diario de Navarra
Los 7 mitos de las madres trabajadoras
Suzanne Venker

En lo que son iguales


“Los hombres son de Marte y las mujeres de Venus”, según el conocido título de Gray. Diferencias planetarias al margen, ellos y nosotras convivimos en la Tierra con muchos puntos en común y algunos en franca diferencia. Aprovechando que la alegría cotiza al alza y que hoy celebramos el Día Internacional de la Mujer, el sentido del humor también merece una reflexión. Sí, sí, el humor es algo muy serio. Tanto, que neurocientíficos de la Universidad de Stanford afirman que es necesario el largo viaje entre Marte y Venus para comprobar la diferencia con que ellos y ellas perciben el mundo. Aunque alguien pueda tomarlo a broma, la explicación aparece, tal cual, en la revista científica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Hombres y mujeres usan de forma distinta el cerebro para percibir y apreciar el humor. En primer lugar, la apreciación del humor supone percibir una incongruencia, para lo que son necesarias varias estructuras de la corteza cerebral, la capa “fría” del cerebro que integra y analiza. Ahí, en las zonas implicadas en el procesamiento del lenguaje, las que participan en la comprensión semántica de lo coherente, no se aprecian diferencias entre sexos. Los gráficos de PNAS muestran cómo se “iluminan” las mismas zonas cuando se les presenta durante seis segundos un chiste dibujado, otro después de pocos segundos, y así sucesivamente. Incluso no hay diferencias en lo que encuentran divertido los hombres y las mujeres. Por tanto, la respuesta al humor presenta características universales.
En lo que son diferentes Ahora bien, las mujeres activan regiones específicas del cerebro en mayor extensión que los varones cuando se les presenta un estímulo humorístico. La estrategia femenina, que tanto desconcierta a los hombres, tiene siempre y para todo un paso adicional por el lado derecho de la capa “caliente” del cerebro. El sentimiento de diversión, o de tedio, o incluso malestar, requiere estructuras subcorticales, de la segunda de las tres capas concéntricas. Es ahí, en el sistema límbico, donde los pensamientos se tiñen del color de la emoción. Y se tiñen con dopamina, que en ellas se fabrica en más o menos cantidad según el grado emotivo y así confiere la correspondiente intensidad humorística a un chiste. Para los hombres no cambia la cantidad de tinte emotivo: basta el conocimiento “a secas”. Pero eso sí, para ambos lo chistoso es gracioso.
Lo específico se confirma en el día a día

Menos tensión y más alegría

Esa misma diferencia de estrategia cerebral, ese paso obligado para el cerebro femenino por el terreno de las emociones, es lo que suele producir el desconcierto mutuo ante la descripción de “¿por dónde se va a tal sitio?”. Ella dirá: ve hacia arriba, hasta la tienda de bolsos que hace esquina; y gira a la derecha, hasta llegar a la casa de tejado verde. Él se limitará a medir en metros o kilómetros, hacia el norte o el sur…

Siempre hemos sabido que ellos suelen tener más sentido de la orientación espacial. Gracias a las neurociencias sabemos por qué. Un equipo de investigación en neuroimagen, compuesto por alemanes, canadienses y suizos, estudió qué ocurre en el cerebro de unos y otras mientras realizan una actividad de rotar mentalmente objetos geométricos en tres dimensiones. Sus conclusiones aparecieron en la revista científica Neuropsychologia. Las mujeres utilizan los dos hemisferios para casi todo, mientras que los hombres usan predominantemente uno: el lenguaje a la izquierda y la habilidad visual-espacial a la derecha. En el derecho de la mujer el terreno que emplea para el lenguaje compite con la orientación espacial.

La estrategia masculina es de “construir” manipulando mentalmente el objeto, a fin de reorientarlo en el espacio (lado izquierdo); la femenina es más de “recuerdo y reconocimiento” (el derecho). Para ir hacia Venus él necesita planos interesterales; ella, con un par de detalles de los que conmueven irá y volverá de Venus a Marte sin perderse.

Bien comprendida y aplicada en la vida cotidiana, la investigación neurocientífica supone una gran ayuda para armonizar las relaciones personales entre hombres y mujeres. Por extensión, un buen uso de este conocimiento favorece unas relaciones sociales menos tensas: con más alegría y sentido del humor.


Enviar amigo

Recibir NOVEDADES FLUVIUM

Humor y cerebro de mujer.

Carlo Rubbia: Né petrolio né carbone, ma il sole

AMBIENTE
Invia
Stampa

Sì al nucleare innovativo con piccole centrali senza uranio
Ma non esiste un nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie
Rubbia: "Né petrolio né carbone
soltanto il sole può darci energia"
di GIOVANNI VALENTINI

Rubbia: "Né petrolio né carbone
soltanto il sole può darci energia"


Carlo Rubbia in un disegno di Riccardo Mannelli
GINEVRA - Petrolio alle stelle? Voglia di nucleare? Ritorno al carbone? Fonti rinnovabili? Andiamo a lezione di Energia da un docente d'eccezione come Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica: a Ginevra, dove ha sede il Cern, l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Qui, a cavallo della frontiera franco-svizzera, nel più grande laboratorio del mondo, il professore s'è ritirato a studiare e lavorare, dopo l'indegna estromissione dalla presidenza dell'Enea, il nostro ente nazionale per l'energia avviluppato dalle pastoie della burocrazia e della politica romana.

Da qualche mese, Rubbia è stato nominato presidente di una task-force per la promozione e la diffusione delle nuove fonti rinnovabili, "con particolare riferimento - come si legge nel decreto del ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio - al solare termodinamico a concentrazione". Un progetto affascinante, a cui il premio Nobel si è dedicato intensamente in questi ultimi anni, che si richiama agli specchi ustori di Archimede per catturare l'energia infinita del sole, come lo specchio concavo usato tuttora per accendere la fiaccola olimpica. E proprio mentre parliamo, arriva da Roma la notizia che il governo uscente, su iniziativa dello stesso ministro dell'Ambiente e d'intesa con quello dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha approvato in extremis un piano nazionale per avviare anche in Italia questa rivoluzione energetica.

Prima di rispondere alle domande dell'intervistatore, da buon maestro Rubbia inizia la sua lezione con un prologo introduttivo. E mette subito le carte in tavola, con tanto di dati, grafici e tabelle.

Il primo documento che il professore squaderna preoccupato sul tavolo è un rapporto dell'Energy Watch Group, istituito da un gruppo di parlamentari tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti, come osservatori indipendenti. Contiene un confronto impietoso con le previsioni elaborate finora dagli esperti della IEA, l'Agenzia internazionale per l'energia. Un "outlook", come si dice in gergo, sull'andamento del prezzo del petrolio e sulla produzione di energia a livello mondiale. Balzano agli occhi i clamorosi scostamenti tra ciò che era stato previsto e la realtà.

Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la forbice tra l'outlook della IEA e l'effettiva dinamica del prezzo del petrolio è andata sempre più allargandosi, nonostante tutte le correzioni apportate dall'Agenzia nel corso del tempo. In pratica, dal 2000 in poi, l'oro nero s'è impennato fino a sfondare la quota di cento dollari al barile, mentre sulla carta le previsioni al 2030 continuavano imperterrite a salire progressivamente di circa dieci dollari di anno in anno. "Il messaggio dell'Agenzia - si legge a pagina 71 del rapporto tedesco - lancia un falso segnale agli uomini politici, all'industria e ai consumatori, senza dimenticare i mass media".

Analogo discorso per la produzione mondiale di petrolio. Mentre la IEA prevede che questa possa continuare a crescere da qui al 2025, lo scenario dell'Energy Watch Group annuncia invece un calo in tutte le aree del pianeta: in totale, 40 milioni di barili contro i 120 pronosticati dall'Agenzia. E anche qui, "i risultati per lo scenario peggiore - scrivono i tedeschi - sono molto vicini ai risultati dell'EWG: al momento, guardando allo sviluppo attuale, sembra che questi siano i più realistici". C'è stata, insomma, una ingannevole sottovalutazione dell'andamento del prezzo e c'è una sopravvalutazione altrettanto insidiosa della capacità produttiva.

Passiamo all'uranio, il combustibile per l'energia nucleare. In un altro studio specifico elaborato dall'Energy Watch Group, si documenta che fino all'epoca della "guerra fredda" la domanda e la produzione sono salite in parallelo, per effetto delle riserve accumulate a scopi militari. Dal '90 in poi, invece, la domanda ha continuato a crescere mentre ora la produzione tende a calare per mancanza di materia prima. Anche in questo caso, come dimostra un grafico riassuntivo, le previsioni della IEA sulla produzione di energia nucleare si sono fortemente discostate dalla realtà.

Che cosa significa tutto questo, professor Rubbia? Qual è, dunque, la sua visione sul futuro dell'energia?
"Significa che non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, come del resto anche l'oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra".

Eppure, dagli Stati Uniti all'Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c'è una gran voglia di nucleare. Anzi, una corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano tutti?
"Sa quando è stato costruito l'ultimo reattore in America? Nel 1979, trent'anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l'arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l'uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie".

Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in proposito?
"Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo".

In che cosa consiste?
"Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile".

Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?
"E' già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia".

Ora c'è anche il cosiddetto "carbone pulito". La Gran Bretagna di Gordon Brown ha riaperto le sue miniere e negli Usa anche Hillary Clinton s'è detta favorevole...
"Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell'umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l'anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso".

E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l'uranio ed escluso il carbone, quale può essere a suo avviso l'alternativa?
"Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità".

Ma noi, in Italia e in Europa, non abbiamo i deserti...
"E che vuol dire? Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare poi l'energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano che l'uva arrivava da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma".

Il sole, però, non c'è sempre e invece l'energia occorre di giorno e di notte, d'estate e d'inverno.
"D'accordo. E infatti, i nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l'energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l'acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente".

Se è così semplice, perché allora non si fa?
"Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com'è accaduto del resto per il computer vent'anni fa".


(30 marzo 2008)

Rubbia: \Né.